IL SIGNORE DELLE MOSCHE - William Golding (pagg. 42-49)

EXTRACT I

Ralph si sedette su un tronco abbattuto, col sole alla sinistra. Alla sua destra c'erano quasi tutti i ragazzi del coro, alla sua sinistra i ragazzi più grandi che prima dello sfollamento non si conoscevano, davanti a lui i bambini piccoli accoccolati nell'erba.

Silenzio, ora. Ralph sollevò la conchiglia bianca e rosa all'altezza delle ginocchia, mentre una brezza improvvisa spargeva luce qua e là sulla piattaforma. Era incerto se alzarsi in piedi o restar seduto.

Guardò di sottecchi a sinistra, verso la piscina. Piggy era seduto lì vicino, ma non dava aiuto.

Ralph si schiarì la gola.

«Dunque.»

D'improvviso si trovò capace di parlar spedito e di spiegare ciò che voleva dire.

Si passò una mano tra i capelli biondi e parlò.

«Siamo su un'isola. Siamo stati in cima alla montagna e abbiamo visto acqua

tutto intorno. Non abbiamo visto né case, né fumo, né impronte, né barche, né gente.

Siamo su un'isola disabitata, dove non ci siamo che noi.»

Jack s'intromise.

«Ma ci vuol sempre un esercito. Per andare a caccia. A caccia di maiali...»

«Sì. Ci sono dei maiali sull'isola.»

Tutti e tre insieme cercarono di dare un'idea di quell'animale roseo che si dibatteva tra i rampicanti.

«Abbiamo visto...»

«Gridava...»

«È scappato via...»

«Prima che io potessi ammazzarlo. Ma, un'altra volta...!»

Jack conficcò il coltello in un tronco e si guardò intorno con aria di sfida. L'assemblea rientrò nell'ordine.

«Dunque vedete,» disse Ralph, «che abbiamo bisogno di cacciatori che ci procurino la carne. E un'altra cosa.»

Alzò la conchiglia sulle ginocchia e guardò tutt'intorno le facce che il sole colpiva qua e là.

«Di grandi non ce n'è neanche uno. Dovremo cavarcela da soli.»

Nell'assemblea ci fu un mormorio, poi silenzio.

«E un'altra cosa. Non possiamo lasciare che tutti parlino insieme. Dovremo far alzare la mano come a scuola.»

Portò la conchiglia all'altezza del volto e ne guardò la bocca.

«Poi gli darò la conchiglia marina.»

«Marina ?»

«È così che si chiama questa conchiglia. Darò la conchiglia marina a chi deve parlare dopo di me, perché la tenga in mano mentre parla.»

«Ma...»

«Guarda...»

«E nessuno dovrà interromperlo. Solo io.»

Jack era in piedi.

«Faremo delle leggi!» gridò con animazione. «Un sacco di leggi! E se qualcuno non ci sta.»

«Bene!»

«Bravo!»

«Bum!»

«Ma va!»

Ralph sentì che qualcuno gli portava via la conchiglia: ed ecco Piggy in piedi, con la gran conchiglia bianca stretta al petto. Le grida cessarono. Jack, ancora in piedi, guardò incerto Ralph che sorrise accarezzando il tronco con una mano: Jack si sedette. Piggy si tolse gli occhiali e se li pulì sulla camicia, sbattendo gli occhi.

«Non disturbate Ralph! Lasciatelo arrivare alla cosa più importante.»

Fece una pausa piena di effetto.

«Chi lo sa che noi siamo qui? Chi lo sa?»

«Lo sapevano all'aeroporto.»

«L'uomo con quella tromba...»

«Il mio papà.»

Piggy si rimise gli occhiali.

«Nessuno sa dove siamo,» disse Piggy. Era più pallido di prima e senza fiato.

«Forse sapevano dove andavamo e forse no. Ma non sanno dove siamo, perché non siamo giunti a destinazione.» Restò un momento a guardarli a bocca aperta, poi barcollò e si sedette. Ralph gli riprese la conchiglia.

«È questo che volevo dire,» continuò, «quando voi tutti, tutti...»

Fissò le loro facce attente. «L'aeroplano fu abbattuto in fiamme. Nessuno sa dove siamo. Può darsi che stiamo qui molto tempo.»

Il silenzio era così completo che si poteva sentire come a Piggy mancava il fiato e poi gli tornava. Il sole penetrava di sbieco sotto le palme e indorava metà della piattaforma. La brezza che aveva scherzato fino allora sulla laguna, ora trovava la sua strada sulla piattaforma e penetrava nella foresta. Ralph scosse indietro il ciuffo di capelli biondi che gli pendeva sulla fronte.

«Dunque può darsi che stiamo qui molto tempo.»

Nessuno disse nulla. D'un tratto egli fece una smorfia allegra.

«Ma questa è un'isola magnifica. Noi - Jack, Simone ed io - siamo saliti sulla montagna: è fantastico. C'è da mangiare e da bere, e...»

«Rocce...»

«Fiori blu...»

Piggy, rimessosi in parte, indicò la conchiglia che Ralph aveva in mano, e Jack e Simone tacquero. Ralph continuò.

«Mentre aspettiamo, possiamo anche divertirci, su quest'isola.»

Prese a fare dei gran gesti.

«È come in un libro.»

Subito ci fu un clamore.

«"L'Isola del Tesoro"...»

«"L'Isola Misteriosa"...»

«"L'Isola di Corallo"...»

Ralph agitò la conchiglia.

«Questa è la nostra isola. È un'isola magnifica. Fino a quando i grandi verranno a prenderci, ci divertiremo.»

Jack protese la mano a prendere la conchiglia.

«Ci sono dei maiali,» disse. «C'è da mangiare, e si può fare il bagno in quel ruscello, là: c'è tutto. Nessuno ha trovato nient'altro?»

Restituì la conchiglia a Ralph e si sedette. Nessuno aveva trovato nient'altro, pareva.

I ragazzi più grandi si accorsero del bambino soltanto perché resisteva. C'era un gruppo di bambini piccoli che lo spingevano avanti, ma lui non voleva. Era un bambino minuscolo, di circa sei anni, con una guancia tutta ricoperta da una voglia di more. Stava in piedi, ma tutto piegato per sottrarsi alla feroce luce della pubblicità, e con un piede affondato nell'erbaccia. Mormorava qualche cosa e stava per piangere.

Gli altri bambini lo spinsero verso Ralph parlando sotto voce, con aria seria.

«Va bene,» disse Ralph, «vieni avanti, dunque.»

Il bambino si guardò intorno terrorizzato.

«Su, parla!»

Il bambino protese le mani verso la conchiglia e l'assemblea scoppiò a ridere.

Subito egli ritirò le mani e cominciò a piangere.

«Lasciategli prendere la conchiglia!» gridò Piggy. «Lasciategliela prendere!»

Alla fine Ralph lo persuase a prendere la conchiglia, ma intanto quel colpo della risata gli aveva tolto la voce. Piggy s'inginocchiò accanto a lui, con una mano sulla grande conchiglia, ad ascoltarlo e a far da interprete per l'assemblea.

«Vuole sapere che cosa intendete fare per la cosa-che-striscia.»

Ralph rise, e gli altri ragazzi risero con lui. Il bambino si rannicchiò ancor di più.

«Raccontaci della cosa-che-striscia.»

«Adesso dice che era una bestiaccia.»

«Bestiaccia?»

«Una cosa-che-striscia. Tanto grande. L'ha vista.»

«Dove?»

«Nel bosco.»

Forse era la brezza vagante, o forse il sole presso al tramonto lasciava che sotto gli alberi ci fosse un po' di fresco. I ragazzi lo sentirono con un brivido inquieto.

«Non ci può essere una bestiaccia, una cosa-che-striscia, su un'isola di queste dimensioni,» spiegò Ralph gentilmente. «Ci sono solo in paesi grandi come l'Africa o l'India.»

Un mormorìo, e le teste assentirono gravemente.

«Dice che la bestiaccia è venuta nel buio.»

«Allora non l'ha potuta vedere!» Risa e applausi. «L'avete sentito ? Dice che ha visto quella cosa al buio...»

«Dice ancora che ha visto la bestiaccia. Andava e veniva e tornava di nuovo e voleva mangiarlo...»

«Ha sognato.»

Ridendo, Ralph cercò una conferma nel cerchio delle facce tutt'intorno. I ragazzi più grandi approvavano; ma qua e là tra i piccoli c'era un'inquietudine per la quale una certezza razionale non bastava.

«Deve aver fatto un brutto sogno. A furia d'incespicare tra tutti quei rampicanti.»

Di nuovo le teste assentirono gravemente: sapevano cos'era un brutto sogno.

«Dice che ha visto la bestiaccia, la cosa-che-striscia. E tornerà stanotte?»

«Ma non c'è nessuna bestiaccia!»

«Dice che al mattino è tornata tra quegli affari come corde tra gli alberi, e si è avvolta tra i rami. Dice, se tornerà stanotte.»

«Ma non c'è nessuna bestiaccia!»

 

 

EXTRACT II

S'inginocchiò di nuovo e si diede da fare col coltello. I ragazzi si affollarono intorno a lui. Voltando appena il capo, disse a Ruggero: «Prepara un bastone con la punta da tutte e due le parti.»

Dopo un po' si alzò, tenendo in mano la testa della scrofa, tutta gocciolante.

«Ci siamo con quel bastone?»

«Eccolo.»

«Piantalo in terra. Oh... c'è la roccia. Infilalo in quella spaccatura. Così.»

Jack sollevò la testa del maiale e la infilò sulla punta aguzza del bastone che penetrò dentro la bocca. Si tirò indietro e la testa restò appesa, lasciando sgocciolare un po' di sangue lungo il bastone.

Istintivamente i ragazzi si tirarono indietro anche loro, e la foresta fu piena di silenzio. Stettero in ascolto, e l'unico rumore che si sentiva era il ronzio delle mosche sulle budella accumulate in disparte. Jack bisbigliò: «Prendete su il maiale.»

Maurizio e Roberto infilzarono la carcassa, l'alzarono, e pronti a muoversi, in silenzio, in piedi sul sangue ormai secco, diedero intorno uno sguardo furtivo. Jack parlò ad alta voce: «Questa testa è per la bestia. È un dono.»

Il silenzio accettò il dono e li impaurì. La testa rimase lì, con gli occhi velati, con una specie di ghigno, col sangue che diventava nero tra i denti. Tutto d'un tratto si misero a correre, più in fretta che potevano, per la foresta, verso la spiaggia aperta.

Simone restò dov'era, piccola figura bruna nascosta dalle foglie.

Anche se chiudeva gli occhi vedeva sempre, come un'immagine persistente, la testa della scrofa. Gli occhi socchiusi erano velati dall'infinito cinismo della vita degli adulti. Essi dicevano a Simone che tutto andava male.

«Questo lo so.»

Simone si accorse d'aver parlato ad alta voce. Aprì subito gli occhi, ed ecco la testa che ghignava divertita nella luce strana, ignara delle mosche, delle budella ammucchiate, ignara perfino dell'oltraggio di essere infilata su un bastone.

Simone distolse lo sguardo, passandosi la lingua sulle labbra secche.

Un dono per la bestia. E la bestia, sarebbe venuta a prenderselo?

Pareva che la testa dicesse di sì. Scappa via, diceva la testa silenziosamente, torna dagli altri. Non è stato che uno scherzo, davvero... non ti preoccupare. Hai sbagliato, ecco tutto. Un po' di mal di testa, qualcosa che hai mangiato, forse. Torna indietro, bambino, diceva la testa silenziosamente.

Simone alzò gli occhi, sentendo il peso dei capelli bagnati, e guardò il cielo.

Lassù, una volta tanto, c'erano delle nuvole, grandi torri rigonfie che si sfilacciavano sopra l'isola, grigie, e bianche e color di rame. Le nuvole erano basse sulla terra, e producevano, quasi spremendolo dal loro seno, quell'afoso, tormentoso calore. Perfino le farfalle lasciarono la radura dove quella cosa oscena ghignava e sgocciolava.

Simone abbassò il capo, tenendo gli occhi ben chiusi, poi li riparò ancora con la mano. Non c'erano ombre sotto gli alberi, ma dappertutto una calma perlacea, e ciò ch'era reale sembrava un'illusione, qualcosa di vago. Il mucchio delle budella era un grumo nero di mosche che ronzavano come una sega. Dopo un po' le mosche scoprirono Simone, e ormai sazie, si posarono lungo i suoi rivoletti di sudore, a bere. Gli fecero il solletico sotto le narici, gli saltellarono sulle cosce. Erano innumerevoli, nere e d'un verde iridescente; e di fronte a Simone il "Signore delle Mosche" ghignava, infilzato sul bastone. Alla fine Simone cedette e riaprì gli occhi: vide i denti bianchi, gli occhi velati, il sangue... e restò affascinato, riconoscendo qualcosa di antico, di inevitabile. Sulla tempia destra di Simone, una vena cominciò a pulsare, sul cervello.

…………………………..............................

(manca testo) – leggetelo in inglese.. è breve!

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti: